giovedì 26 giugno 2008

Il Divo


Italia

Durata: 1h e 50'
Genere: Biografico
Regia: Paolo Sorrentino

Anno: 2008


Trama:

Giulio Andreotti(Toni Servillo) - Politico italiano della Democrazia Cristiana - è prossimo al settimo mandato come Presidente del Consiglio.
La sua squadra, la cosidetta "Corrente Andreottiana" si prodiga dentro e fuori le stanze del parlamento per far eleggere Andreotti Presidente della Repubblica.
Nel frattempo il Paese è messo in ginocchio da fatti criminali, sequestri, omicidi, suicidi e attentati. In molti al vertice di tutto questo riconducono tra sospetti e confessioni mafiose, il pacato e tranquillo, Giulio Andreotti.
Andreotti viene accusato fino al punto di essere messo a processo, anzi un maxi processo il più imponente processo a stampo mafioso della storia Italiana.
Andreotti uscirà indenne anche da quest'accusa.

VOTO : Valentina 8 - Davide 7-

Recensione de IL DIVO a cura di Valentina

Il sodalizio tra il regista, Paolo Sorrentino, e il primo attore protagonista, Tony Servillo, dopo il successo de Le conseguenze dell’amore del 2004, si riconferma qui vincente.
Il film trova la giusta chiave di lettura per interpretare un pezzo quanto mai importante e delicato della storia italiana - il governo Andreotti – senza prendere una posizione definitiva: quella chiave è il grottesco.
Grotteschi sono i movimenti, non solo quelli dei personaggi ma a volte anche quelli della macchina da presa, grotteschi a volte i dialoghi, totalmente discordanti con la tematica, spesso, le canzoni scelte come colonna sonora. Tony Servillo – Giulio Andreotti è davvero il divo che si muove all’interno di questo spettacolo ed è l’unica scusante che lo spettatore ha per ridere; sono buffi i suoi modi di fare, così abitudinari e semplici, il suo essere sempre ricurvo su se stesso, quasi a nascondersi, le sue frenetiche camminate avanti e indietro lungo il corridoio di casa sua; un uomo con così tanto potere ed una voce tanto flebile e sottile, che solo apparentemente è inerme, in realtà vigile. Comunica con le mani: unite come a pregare, frenetiche, girando continuamente i pollici e le sue frasi risuonano spesso come lapidarie sentenze.
Sorrentino ha forse scelto questa maschera interpretativa per l’impossibilità di trovare una risposta a tutti quegli interrogativi che da anni gravitano attorno alla figura di Giulio Andreotti: è davvero responsabile della morte di Aldo Moro? Non ci sono le prove, eppure nei pochi filmati-documentari rimasti del democristiano sequestrato dalle Brigate Rosse, questi prende apertamente le distanze dal suo "compagno“. E’ stato davvero coinvolto con la Mafia? Ha mai incontrato a casa sua e stretto la mano a Totò Riina? Non è lecito saperlo, ma Sorrentino ipotizza di sì. Ma soprattutto, com’è possibile che non sia stato dichiarato colpevole da nessuno dei più di settecento processi subiti? E’ davvero possibile che siano tutti caduti in prescrizione per mancanza di prove?
L’apice del film si raggiunge nel lungo monologo di Tony Servillo poco prima dei titoli di coda: un Andreotti seduto rigido sulla sua sedia, inizia a parlare freneticamente, quasi senza respirare, fisso in camera, immaginando di rivolgersi alla moglie, l’unico punto davvero fermo di tutta la sua vita. E’ una confessione (assolutamente non ufficiale) in cui il Divo spiega come, per raggiungere il potere e per riuscire a fare del bene per se stessi e per il proprio paese, sia inevitabile scendere a compromessi con il male.
Il film si conclude poi con una riproduzione del processo per “partecipazione ad associazione a delinquere” e con il lungo elenco di tutti le altre cause da lui subite.
Questo film magistralmente diretto e interpretato non riesce a dare risposte definitive, ma ti dà il tempo di riflettere e, come nel mio caso, lascia addosso un’incredibile senso di insicurezza sulla politica italiana e sulle persone che la fanno: ma chi ci governa?!

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